Non è la prima volta che evidenziamo sentenze con le quali ridare al cittadino fiduciosa speranza di essere ascoltato dalla giustizia.
Nel perseguire tale intento, riteniamo opportuno richiamare l’attenzione sulla sentenza del TAR per la Calabria, Sez. I, n. 1884, del 24 ottobre 2018.
Il Giudice amministrativo ha accolto il ricorso di un cittadino al quale il Questore di Vibo Valentia ha rigettato l’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.
Non solo, oltre ad annullare il provvedimento del Questore, il TAR, contrariamente alla maggior parte di analoghe sentenze, ha anche condannato il Ministero dell’Interno “alla rifusione delle spese e competenze di lite, nella misura complessiva di euro 2000, oltre al rimborso delle spese generali.
Visti i presupposti di fatto e di diritto sui quali il Questore ha basato il proprio decreto di rifiuto, è da rilevare che i giudici del TAR non hanno dovuto faticare molto ad arrivare alle suddette conclusioni.
Infatti, il rifiuto si è basato sul fatto che l’interessato non dà più affidamento nell’uso delle armi per i seguenti motivi: sussistenza di procedimenti penali per aver edificato un manufatto in assenza di concessione edilizia e interruzione di pubblico servizio e, soprattutto per non aver osservato l’obbligo dell’istruzione elementare dei minori.
Proprio quest’ultimo reato è stato ritenuto dal Questore in particolare ostativo al rilascio dell’autorizzazione di polizia ai sensi dell’art. 12 R.D. 18 giugno 1931, n. 773.
Oltre a tale determinante reato è stato considerato di impedimento al rinnovo anche il fatto che un familiare convivente sarebbe stato denunciato per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico.
Nella trattazione del ricorso il TAR, preliminarmente, ha rilevato che in materia di porto d’armi, l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere discrezionale, correlato anche alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti.
In pratica, per revocare o ricusare una licenza in materia di armi, non occorre un oggettivo ed accertato abuso, bastando una erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, come già stabilito, con giurisprudenza costante, dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 3341, 2 luglio 2014).
Inoltre, lo stesso TAR, richiamando altra giurisprudenza in materia del Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 107, 16 gennaio 2017), ha precisato che per giustificare dinieghi di rinnovo, revoche, divieti come o analoghi a quello in esame, non occorre un accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che l’interessato non dia affidamento di non abusare delle stesse; per sorreggere un diniego del rinnovo della licenza di porto d’armi bastano singoli episodi, anche privi di rilievo penale, il che si ha anche quando il procedimento penale sia stato archiviato senza che sia venuta meno la materialità del fatto ascritto, purchè l’apprezzamento della pubblica amministrazione non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo.
Ebbene, nonostante questo oramai riconosciuto ampio potere discrezionale, non è che il Consiglio di Stato ha voluto implicitamente riconoscere ai Prefetti e Questori una potestà di rifiuto/revoca delle autorizzazioni in materia di armi a prescindere, cioè senza che vi siano precisi presupposti di fatto e di diritto e senza una adeguata motivazione.
A maggior ragione quando i provvedimenti di rifiuto si basano, addirittura, su norme abrogate !….
Il  TAR, nel caso di specie, ha rilevato che il motivo principale sul quale il Questore di Vibo Valentia ha basato il suo rifiuto, cioè la mancata osservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori da parte del ricorrente, è da considerare del tutto insussistente.
Infatti, l’art. 12, c. 1, del T.U.L.P.S., che prevedeva la impossibilità di rilasciare le licenze di polizia a coloro che non fossero stati in grado di dimostrare di aver ottemperato all’obbligo della istruzione dei figli, è stato espressamente abrogato dall’art. 13, c. 1, lett. g), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in L. 4 aprile 2012, n. 35.
Chiaramente, venendo meno il motivo principale sul quale il Questore ha fondato il decreto di rifiuto, il TAR ha rilevato che non sussiste, pertanto, alcuna causa ostativa al rinnovo della licenza di porto d’armi.
Relativamente all’altro motivo aggiuntivo del rifiuto, cioè alla sussistenza di procedimenti penali, viene osservato che non risulta che i procedimenti penali valorizzati dalla Questura di Vibo Valentia siano ancora pendenti, né il ricorrente abbia riportato condanne per i reati ipotizzati.
Oltre a ciò, viene evidenziato che i fatti attribuiti al ricorrente non sono in alcun modo connessi all’uso delle armi, sicchè non risulta conforme al criterio di ragionevolezza basare su questi ultimi la presunta inaffidabilità del ricorrente nell’uso delle armi.
Né si può, a maggior ragione, automaticamente dedurre l’inaffidabilità del ricorrente per il reato di falsità ideologica, anche se commesso da un familiare convivente.
Conclude, quindi, il TAR che alla luce di tali considerazioni, la domanda del ricorrente deve trovare accoglimento ed il provvedimento deve essere annullato.
Siamo sicuri che, mentre stiamo scrivendo questo commento, il Ministero dell’Interno avrà già presentato ricorso in appello al Consiglio di Stato, chiedendo anche la sospensione del giudicato del TAR Calabria, sperando, perlomeno, di vedersi annullare la rifusione delle spese e competenze di lite.
Comunque, ciò che lascia sconcertati è come si sia potuti arrivare ad emettere un decreto di rifiuto basato essenzialmente su una norma oramai espressamente abrogata.
Non solo, ma rimaniamo ulteriormente sconcertati nel constatare che l’Avvocatura dello Stato, anziché difendere davanti al TAR il Questore di Vibo Valentia, non abbia suggerito a quest’ultimo di evitare il processo, emettendo, in autotutela, un provvedimento di annullamento di ufficio dell’atto ricorso, siccome viziato di palese illegittimità.
Molto probabilmente tale suggerimento c’è stato, ma non è stato ascoltato.
Purtroppo, sembra continuare a resistere il convincimento che, in materia di licenze di armi, si deve rifiutare a prescindere!….

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